Dal nostro inviato Mattia Berti
“Babbo Natale è uno stronzo” torna in Italia dopo più di 20 anni. Claudio Insegno riporta in scena una commedia francese creata nel 1979 dalla compagnia Le Splendid (titolo originale Le père Noël est une ordure) e poi trasformata in un film diretto da Jean-Marie Poiré nel 1982.
Teresa e Piero decidono di passare la notte della Vigilia facendo volontariato presso l’agenzia privata “Sconforto Amicizia”. Il loro compito è semplice: rispondere al telefono ma a causa del loro carattere pasticcione – e a tratti egoista – riescono spesso a fare danni. L’iniziale calma e solitudine dei due verrà interrotta dall’arrivo di Giuditta, nipote di Teresa, un’insolita ragazza incinta con voce stridula che approda sul palco con un carrello della spesa. La giovane ha appena troncato la sua relazione con Felice, fidanzato geloso che giungerà di lì a breve con indosso un abito da Babbo Natale – non dei più raccomandabili – armato di cacciavite e pronto a tutto pur di riprendersi la sua dolce metà. E per aggrovigliare ancora di più la matassa spuntano Katia, un simpatico travestito che cerca conforto…in Piero, e il signor Preskovitch il generoso vicino straniero con un umorismo tutto suo.
Lo spettacolo inizia con un uomo, solo, sotto una tormenta di neve che chiama l’agenzia in cerca di un motivo per non premere il grilletto e porre fine alla sua esistenza ma a causa della linea disturbata Teresa non riesce a sentirlo. Qua si introduce uno dei temi centrali della pièce: l’incomunicabilità tra i personaggi. Queste macchiette sono in costante difficoltà a dialogare. Chi parla una lingua diversa, chi ha una voce stridula e articola poco le parole o le storpia addirittura – con risultati sempre comici. La comprensione, però, non è solo a livello linguistico, ma soprattutto a livello emotivo. Nonostante il tono da commedia l’egoismo e il desiderio di soddisfare i propri bisogni – anche a scapito di altri – è onnipresente. Come Piero, ad esempio, palesemente incapace a offrire un supporto a chi lo cerca e mancante di levatura morale o Felice che da uomo padrone vuole prendersi ciò che vuole e quando non l’ottiene svela la sua natura di bestia basata sull’istinto e la forza.
Ogni personaggio in fondo ha il suo motivo personalissimo per essere compatito, ognuno ha un segreto doloroso. Ma queste tragedie personali vengono sempre esorcizzate, sublimate quando tutti i protagonisti sono presenti sulla scena. L’atto collettivo trasforma le angosce di ognuno di loro in equivoci divertenti, boutade più o meno sagaci e rappresenta un momento catartico per ognuno di loro. Catarsi è proprio la parola calzante perché durante lo spettacolo si percepisce in controluce una sovrapposizione con la tragedia greca: la morte non viene mai mostrata. È sempre lì, è presente dall’inizio della commedia ma non si vedrà mai, come nel teatro greco. Rimarrà dietro la porta, sotto la finestra o nel buio. Questo non solo aiuta lo spettatore a non percepire la cesura con la situazione comica ma anche e soprattutto a scherzare con la morte stessa. La continua giustapposizione, soprattutto nella parte finale, di questi due elementi rende le scene mai scontate, divertenti e anche veritiere.
“Babbo Natale è uno stronzo” è uno spettacolo riuscito quindi, soprattutto nelle parti più veloci con i dialoghi botta e risposta che non lasciano scampo alla noia. Gli attori – divertentissimo Insegno nei panni di Katia il travestito o Guido Ruffa in un arrabbiatissimo Felice/ Babbo Natale – fronteggiano benissimo il cambio continuo di ritmo della commedia da un inizio lento, in cui non sembra succedere nulla fino alla parte finale in cui succede proprio di tutto.
In scena al Teatro Nuovo di Milano: https://www.teatronuovo.it/